Sicurezza HACCP: speciale “fritto”

La frittura è un tipo di cottura apprezzato universalmente e in questo enorme calderone sono comprese quelle operazioni in cui il calore si trasferisce attraverso un grasso. Durante la cottura gli alimenti perdono acqua e grassi per assumere l’olio di frittura, qui possono svilupparsi sostanze potenzialmente dannose per l’essere umano e il suo organismo. Diventa necessario seguire regole specifiche in materia di Sicurezza HACCP (alimentare).

L’approfondimento può partire da una distinzione non banale tra frittura domestica (pochi minuti e cicli limitati), frittura nella ristorazione (ore di cottura e più cicli) e frittura industriale (continua ed imperterrita). Ora intendiamo focalizzarci sulle ultime due modalità spiegando che in gioco entrano svariati fattori. La variabile principale è racchiusa nella qualità degli oli impiegati, senza per questo dimenticare l’importanza delle tecnologie utilizzate o le temperature di frittura.

Il Ministero della Salute – Direzione Generale Igiene Alimenti e Nutrizione – con questa circolare del 11 gennaio 1991 definisce valori limite a riguardo delle sostanze polari totali. Nelle aziende legate all’alimentazione omettere l’applicazione della Sicurezza HACCP è sanzionabile ai sensi del D.Lgs n° 193 del 06/11/2007, articolo 6 comma 6, indipendentemente dalla presenza o no di oli degradati impiegati durante le operazioni.

Per tenere costantemente monitorato il rischio chimico correlato alla termossidazione dei grassi non è corretto svolgere pratiche preventive legate esclusivamente alla vista o all’olfatto (schiuma e colore dell’olio dopo qualche ciclo).

Lo schema normativo al centro della questione è il Regolamento della Comunità Europea 1935/2004/CE. Fritti e olio di frittura sono definiti alimenti “caldi” o “grassi” e altri elementi costituiscono potenziali criticità: dal rivestimento di padelle e friggitrici ai materiali di carta utilizzati nella ristorazione per mettere a disposizione del cliente la portata richiesta.

In conclusione possiamo affermare che gli oli monoinsaturi sono il mezzo migliore per la frittura, un rigoroso controllo sui parametri tecnologici utilizzati e sulla selezione delle materie prime rappresenterebbero le norme di buona prassi. Un HACCP aggiornato al rischio chimico correlato è la soluzione ideale per ogni ristoratore o azienda alimentare che si impegna giornalmente a fornirci gli alimenti così richiesti, non solo in Italia.

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Formazione RSPP: nuovo Accordo del 7 luglio

Formazione RSPP. Il nuovo Accordo approvato il 7 luglio 2016 prevede l’abrogazione degli Accordi del 26 gennaio 2006 e del 5 ottobre 2006, tuttavia in via transitoria per un anno dall’entrata in vigore del nuovo Accordo i corsi per RSPP e ASPP si svolgeranno nel precedente modo previsto. Le modifiche sono importanti e cerchiamo di essere i più chiari possibili, in attesa del documento ufficiale pubblicato in Gazzetta. Prima di tutto qui potete trovare il report della Stato Regioni del 7 luglio.

Partiamo sottolineando che la Formazione RSPP rimane ad appannaggio, oltre alle associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori, degli enti accreditati alle Regioni. Il secondo caso è il nostro e l’Accordo facilita le cose per quanto riguarda i formatori: ogni docente dovrà avere i requisiti specifici per lo svolgimento dei corsi, nell’ambito del D.I. 6 marzo 2013.

Il preciso schema di AiFOS (Associazione Italiana Formatori ed Operatori della Sicurezza sul Lavoro) mette in risalto la nuova articolazione del percorso formativo. Per ogni corso il “soggetto formatore” deve indicare il responsabile, oltre ai nominativi dei docenti; il numero massimo dei partecipanti passa da 30 a 35 unità, di cui si dovrà tenere un registro presenze al fine di verificare la frequenza di almeno il 90% delle ore previste. La valutazione dell’apprendimento semplifica la parte relativa agli attestati, comuni per tutti i modelli a differenza del passato.

Il salto di qualità più importante è nel campo delle indicazioni metodologiche in relazione alla reale e fattiva erogazione dei corsi. RSPP e ASPP sono accomunati dalla necessità di avere una formazione manageriale basica per gestire aspetti tecnici e modalità di intervento a 360° in materia di prevenzione, salute e sicurezza sul lavoro, coinvolgendo ogni parte del sistema in gioco. Gestionale organizzativa, tecnica e relazionale sono le tre macro sezioni con le indicazioni per il cuore del corso (Modulo B), e al centro rimane il progetto formativo, dove il bisogno deve arrivare ad una coerente risposta operativa.

Ogni unità didattica riporta obiettivi specifici e risultati attesi dalla Formazione RSPP, oltre a tutte le altre informazioni riguardanti contenuti, durata, metodologia, struttura del progetto, casi di studio, simulazioni e riferimenti al gruppo di lavoro. Un documento progettuale completo dalla realizzazione alle verifiche finali sarà redatto, mentre nella prova finale avremo simulazione e project work, con un focus speciale sulle verifiche in itinere, evidenziatori di reale apprendimento.

In ultima battuta il recente Accordo cerca di uniformare ulteriormente il tutto, modificando e disciplinando organismi Paritetici ed “enti bilaterali”. Si riforma il c.12, art. 37, D.Lgs 81/2008 sopprimendo il riferimento ad enti Bilaterali, la collaborazione rimane ad appannaggio dei soli organismi paritetici esistenti nel territorio di riferimento.

Vi terremo costantemente aggiornati sul tema, mentre per ulteriori informazioni in merito di Sicurezza sul Lavoro e Formazione non esitate a contattare il nostro Team di Professionisti. Chiamaci allo 0532-243048, oppure manda una mail all’indirizzo info@b-ethic.it.

Fonte articolo: AiFOS

Fiere e Sagre: con B.Ethic evita le sanzioni

Fiere e Sagre rappresentano una ricchezza del nostro territorio, un apprezzato modo di celebrare e di vivere le tradizioni della cultura nostrana. Ma è necessario che si rispettino le normative sulla salute e la sicurezza, nonché i parametri previsti per le attività che si occupano di somministrare alimenti e bevande.

Valori come il volontariato danno peso sociale agli eventi come fiere e sagre, spesso ben organizzati con ristorazione e serate che diventano veri momenti di ritrovo tra banchetti, prodotti tipici e spettacoli musicali. L’aggregazione deve, come anticipato nel primo paragrafo, rispettare le regole vigenti a tutela dei consumatori e di tutti gli altri operatori.

Ecco una rapida serie di linee guida da seguire per evitare sanzioni.

Nel caso le caratteristiche della Fiera/Sagra/Festa rientrino nell’Art. 21 del D.lgs 81/08 sarà necessario osservare:

  • Certificazione delle apparecchiature utilizzate, tenendo in allegato libretti di uso e manutenzione;
  • Presenza e corretto utilizzo dei DPI;
  • Dichiarazione di conformità (Decreto – 22 gennaio 2008, n.37): se si superano i 6 Kw e/o oltre 200 mq di superficie è fondamentale il Progetto dell’Impianto elettrico;
  • Dichiarazione di conformità: progetto impianto e installazione da parte di un tecnico abilitato per impianti a Gas (UNI TR 11426);
  • Progetto statico di eventuali strutture come stand gastronomici, palchi, piste da ballo ecc. ecc. con dichiarazione di corretto montaggio da parte di un tecnico abilitato.

Relativamente alle misure antincendio per fiere e sagre ogni singolo caso è da valutare, sono comunque richieste:

  • Coperta antifiamma;
  • Estintori per cucina, zona bombole, sala e ogni locale in cui sussista il rischio incendio;
  • Identificazione e segnalazione vie di fuga con planimetrie e cartellonistica di sicurezza;
  • Formazione del personale per la gestione delle emergenze (antincendio e primo soccorso).

Infine le disposizioni per l’Igiene degli Alimenti:

  • HACCP semplificata;
  • Formazione Alimentaristi del Responsabile dell’evento;
  • Formazione e informazione tracciata da parte del Responsabile a tutto il personale coinvolto.

Il nostro Team di Professionisti specializzati in Ingegneria Ambientale e Sicurezza sul Lavoro ha seguito eventi del genere, sagre e fiere, dunque per ulteriori informazioni in merito non esitate a contattarci. Chiamateci allo 0532-243048, oppure mandate una mail all’indirizzo commerciale@b-ethic.it

Studi scolastici e SSL: integrazione possibile?

Gli studi scolastici e la Sicurezza sul Lavoro possono trovare un terreno fertile in cui crescere insieme? Partiamo da questa domanda per sviscerare un argomento che nel prossimo futuro dovrebbe trovare maggior spazio nell’opinione pubblica. L’Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul lavoro ne parla da tempo, ora che l’anno scolastico è finito facciamo il punto della situazione in modo da arrivare pronti a settembre.

Una reale cooperazione necessità di una volontà comune, troppe volte la Salute e la Sicurezza sul Lavoro viene trattata come un surplus da legare ad altre lezioni curricolari come educazione civica, fisica o scienze. Gli indubbi progressi rispetto a qualche decennio fa dimostrano che una strada si può trovare, integrando studi scolastici ed SSL.

In alcuni Stati, su tutti la Svezia, l’approccio utilizzato è quello integrato. Spieghiamo meglio cosa si intende: l’educazione al rischio si lega all’ambiente scolastico, stimolare buone pratiche per avere un apprendimento in spazi sicuri aiuta gli istituti stessi a migliorarsi. Inoltre i ragazzi delle varie età sono coinvolti attivamente, attraverso la nomina di rappresentati della sicurezza degli alunni (obbligo di legge per qualche Stato Membro dell’Unione Europea).

Così facendo una lunga serie di competenze si potrebbero legare alle materie, unendo educazione al rischio e studi scolastici. Innanzitutto competenze sociali e personali (sicurezza, responsabilità, riconoscere un rischio), in materia di salute (tecniche di primo soccorso, stile di vita sano), civiche (necessità di regole, partecipazione, attività decisionali), crescita personale (confronto con persone di vari ruoli e competenze), pratiche (riconoscere pericoli, valutare tutti i rischi immediati e non, garantire salute e sicurezza, spiegare misure adottate).

La scoglio più grande, da trasformare in sfida, è la convivenza tra SSL e istruzione universitaria dove finora i risultati non sono all’altezza. L’azione di raccordo viene lasciata a singoli docenti interessati all’argomento, e a dispetto di qualche buon esempio, i medici, manager, amministratori, architetti ed ingegneri del domani non sono muniti fin da subito dei giusti requisiti teorici e pratici.

Per una cooperazione di successo che linee guida sarebbe utile seguire?

  1. Fissare obiettivi strategici partendo dall’analisi della realtà;
  2. Collaborare con le autorità dell’istruzione;
  3. Identificare insieme le opportunità presenti nel piano di studi;
  4. Avanzare proposte di partenariati con i promotori chiave dell’educazione;
  5. Garantire risorse adeguate in materia di SSL per ogni fascia d’età;
  6. Sviluppare continuare programmi di formazione per insegnanti dei vari livelli d’istruzione;
  7. Monitorare i risultati e i progressi, scambiando esperienze in rete.

Comprendere un ambiente educativo sicuro per alunni e personale dovrebbe essere regola base di ogni comunità sociale, migliorare la conoscenza della SSL fin dall’istruzione scolastica è il passo successivo per una prevenzione a 360°.

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Microclima ideale nei luoghi di lavoro

Abbiamo già parlato di stato psicofisico del lavoratore, e recentemente si è toccato il tema dell’aumento delle temperature (per i lavoratori outdoor). Ora uniamo i due argomenti per trattare di microclima nei luoghi di lavoro, proprio in questi giorni dove il caldo inizia a dare fastidi alla popolazione con l’arrivo della prima ondata di fine giugno/inizio luglio.

L’Ispesl, ora Inail, ha redatto nel 2006 un documento ancora validissimo, dal titolo Microclima, aerazione e illuminazione nei luoghi di lavoro. Requisiti e standard. Indicazioni operative e progettuali. Linee Guida. Il benessere in un ambiente di lavoro passa anche dal clima e il testo, che trovate nel link sopracitato dal Portale Agenti Fisici, indirizza il lettore verso uno studio completo, tra qualità dell’aria, temperature e livelli di illuminazione.

Occorre mettere immediatamente in chiaro che l’importanza di un livello di confort adeguato è sottolineata anche dalla normativa sulla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori, il Decreto legislativo 81/2008 classifica il microclima (articolo 180) tra gli agenti fisici compresi nella valutazione dei rischi. L’ambiente come ben sappiamo può incidere sul disagio del lavoratore, mettendo in pericolo la sua salute e sicurezza.

Di cosa stiamo argomentando nello specifico? Il microclima è l’insieme di velocità dell’aria, umidità, temperatura radiante media e temperatura dell’aria che concorre con altri parametri (metabolismo dell’individuo ed abbigliamento dello stesso) a definire lo scambio termico presente tra ambiente e lavoratore.

Le linee guida riportano che le condizioni termicamente confortevoli si raggiungono “quando una elevata percentuale di persone poste all’interno dello stesso luogo, soggette ad analoghe condizioni di vestiario ed attività fisica, non è in grado di affermare se preferirebbe una temperatura più alta o più bassa“. La temperatura viene mantenuta entro un intervallo variabile molto breve, legandosi al sistema fisiologico di termoregolazione dell’essere umano. Per un ulteriore approfondimento sulle condizioni di benessere termico vi rimandiamo a domani, ricordando che il microclima deve essere valutato con riferimento alle norme di buona tecnica (UNI, ISO ecc.) e ad una corretta prassi per mettere in campo le migliori misure di prevenzione e protezione.

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Infortuni in itinere, condizioni e tragitti

Cosa intendiamo per infortuni in itinere? La domanda è tutt’altro che semplice e comprendere le reali implicazioni che stanno dietro a questo genere di vicissitudini lavorative rientra nella buona prassi per una salute e sicurezza sul lavoro a 360°.

L’art. 12 del D.Lgs. n. 38/2000 del 23 febbraio 2000 parla chiaro a riguardo ed è la miglior fonte per iniziare il discorso: “Salvo il caso di interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro o, comunque, non necessitate, l’assicurazione comprende gli infortuni occorsi alle persone assicurate durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro, durante il normale percorso che collega due luoghi di lavoro se il lavoratore ha più rapporti di lavoro e, qualora non sia presente un servizio di mensa aziendale, durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di lavoro a quello di consumazione abituale dei pasti. L’interruzione e la deviazione si intendono necessitate quando sono dovute a cause di forza maggiore, ad esigenze essenziali ed improrogabili o all’adempimento di obblighi penalmente rilevanti. L’assicurazione opera anche nel caso di utilizzo del mezzo di trasporto privato, purché necessitato. Restano, in questo caso, esclusi gli infortuni direttamente cagionati dall’abuso di alcolici e di psicofarmaci o dall’uso non terapeutico di stupefacenti ed allucinogeni; l’assicurazione, inoltre, non opera nei confronti del conducente sprovvisto della prescritta abilitazione di guida.

L’infortunio in itinere non rientra nella casistica del rischio stradale che si vive durante un trasferimento lavorativo, diretto o indiretto (quando il lavoratore per compiere la sua mansione si deve spostare dal luogo di lavoro in altri luoghi). L’itinerario calcolato per rientrare nella casistica degli infortuni in itinere è solitamente il più breve e diretto possibile, in base a percorrenza e tenendo conto dello stato stradale e delle condizioni del traffico (ad esempio è a volte giustificato un tratto di strada più lungo se risulta meno pericoloso di altri).

Le norme e tutto ciò che riguarda la disciplina relativa alle indennità Inail legate agli infortuni in itinere sono colme di casi particolari ed eccezioni. Inoltre le specifiche della giurisprudenza sono in continuo divenire, per questo continueremo ad aggiornarvi in caso di modifiche e variazioni.

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Lavoratori outdoor: aumentano le temperature

Il grande caldo è arrivato, per la gioia di chi può godersi il mare e meno per chi deve lavorare sotto il sole. Come sempre il cambio di stagione, con le condizioni climatiche che variano, porta un caldo umido e a volte torrido. I rischi per i lavoratori outdoor sono evidenti, e si aggravano in caso di particolari tipologie di mansioni che richiedono macchine e/o attrezzature capaci di rendere più pesante e afoso il clima (fiamme o comunque strumenti che aumentano il calore percepito).

Le temperature elevate sono solo uno dei fattori con i quali ogni lavoratore outdoor deve fare i conti. L’esatta localizzazione del lavoro (ad esempio terrazze) incide sui rischi, così come l’esposizione ai raggi UV. La natura stessa dei raggi è pericolosa, essa può essere elevata a prescindere dalla temperatura effettiva e sottovalutare il rischio da radiazione solare mette in pericolo il lavoratore.

Il datore di lavoro è tenuto ad informare, con una formazione adeguata, sulle misure preventive ideali da mettere in campo. La foto-protezione ambientale e individuale si dipana su più piani: indumenti protettivi, costruzione fisica di zone d’ombra e organizzazione lavorativa con una rotazione delle mansioni.

Con il Decreto legislativo 81/2008 il datore di lavoro deve valutare “tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori“, in questo gruppo ricadono certamente anche i “gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari“. Si sottolinea la necessità di avere una stretta collaborazione tra RSPP e medico competente al fine di predisporre il piano operativo sopra esposto. Valutazione dei rischi, attuazione misure preventive, informazione e formazione sono i tasselli base di un mosaico in grado di preservare la salute del lavoratore.

Una buona prassi, portata avanti del tempo, interiorizza la consapevolezza che alla prevenzione si deve affiancare l’uso di mezzi protettivi, specialmente tra le persone a rischio. Vari studi hanno correlato tumori della pelle e lavoratori outdoor, la percentuale di persone con tale patologia è più alta se si lavora all’aperto.

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Movimenti ripetitivi: approfondimenti

Partiamo subito con il mettere in chiaro che i movimenti ripetitivi ricadono nella categoria dei rischi di prioritaria importanza, ricordando sempre che essi sono considerati una vera e propria malattia professionale.

Una lunghissima serie di attività ha il carattere della ripetitività e gli studi medici hanno dimostrato una correlazione evidente con disturbi muscolo-scheletrici, viste le continue sollecitazioni tramutate poi in traumi ed usura di articolazioni, muscoli e tendini. Il rischio da movimenti ripetitivi riguarda gli arti superiori e andiamo qui di seguito ad indicare quali azioni comportano un danno se compiute senza adottare misure preventive. Mani, gomiti, spalle e polsi utilizzati per un periodo di tempo prolungato nello stesso movimento per: posizionare, tenere, inserire, estrarre, spingere, avvitare, aprire, chiudere, tagliare, pulire o prendere. Si toccano dunque mansioni che vanno dal montaggio all’elettromeccanica, dalla tappezzeria all’abbigliamento per ricadere in edilizia, movimentazione carichi, conduzione mezzi meccanici e tanto altro ancora.

La frequenza è direttamente proporzionale al rischio, all’aumentare di una cresce l’altro. Anche forza e postura giocano un ruolo fondamentale nei disturbi WMSDs (Work Related Muscolo Skeletal Disorders ovvero i disturbi muscolo scheletrici connessi all’attività lavorativa). Il corpo umano naturalmente è soggetto a deterioramento, e compiendo movimenti ripetitivi si crea un “Sovraccarico Biomeccanico” riguardanti ossa, articolazioni, tendini e muscoli.

Per combattere l’insorgere di una malattia professionale è necessario prevenire il problema. Seguendo la legislazione riguardante la Sicurezza e la Salute abbiamo esempi di una corretta prassi, a partire dalla Valutazione dei Rischi derivanti da Movimenti Ripetitivi. Dopo aver raccolto i dati mirati sarà possibile svolgere un piano d’azione tra interventi strutturali, organizzativi, formativi e contestualmente informativi.

In conclusione ai sensi del Titolo VI del D.Lgs. 81/08 vi riportiamo le sanzioni previste in caso di mancata valutazione specifica dei rischi. Per ulteriori informazioni in merito non esitate a contattare il nostro Team di Professionisti specializzati in Ingegneria Ambientale e Sicurezza sul Lavoro. Chiamaci allo 0532-243048, oppure manda una mail all’indirizzo info@b-ethic.it.

Salute e sicurezza lavoratori all’estero

Negli ultimi trentanni il mercato del lavoro è cambiato a ritmi difficilmente immaginabili, fenomeni sociali come la globalizzazione hanno mutato il panorama intero, ed il discorso è valido sia per le imprese ad alta innovazione tecnologica che per le aziende di piccole e medie dimensioni. La crisi economica ha poi spinto alcune società a cercare un movimento verso nuovi mercati esteri, trovandosi un confronto non indolore con la diversa legislazione del luogo. L’attività imprenditoriale si è trovata a volte in confusione, dovendo applicare normative diverse dal nostro paese. Nella Salute e Sicurezza del Lavoro il tema è particolarmente sentito in quanto è vincolante anche all’estero fornire al lavoratore condizioni di lavoro che rispecchino certi standard di sicurezza.

La legislazione italiana non ha promulgato una normativa specifica sulla tutela della Sicurezza del lavoro all’estero, spesso considerando le vicissitudini del diritto internazionale e la difficoltà nello stabilire la legge realmente applicabile in una data circostanza.

La grande differenziazione è tra lavori in paesi dell’Unione Europea (dove la normativa è coerente a quelle italiana) o paesi extraeuropei dove è presente una diversa cultura del lavoro, e le condizioni sono diversificate per variante quali il clima, la sicurezza pubblica ecc. ecc. Fare confronti diventa impossibile e i primi passi da muovere sono questi:

  1. Studiare criteri di orientamento sugli strumenti normativi internazionali, europei e nazionali per trovare una norma applicabile al caso specifico;
  2. Considerare le differenze a seconda del rapporto lavorativo che intercorre tra azienda e dipendente;
  3. Capire che tipo di obblighi nell’ambito della prevenzione sono richiesti, verificando gli standard;
  4. Rilevare in Italia la valenza dei reati commessi all’estero, affrontando tematiche del diritto penale.

Per fare un esempio relativo ad un caso che faccia riferimento a paesi dell’Unione Europea il bandolo della matassa è formato da: direttive comunitarie (n.89/391 CE in materia di salute e sicurezza e n. 97/71 CE in materia di distacco dei lavoratori nell’ambito delle prestazioni di servizio), regolamenti UE (593/2008 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 17 giugno 2008 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali), principi di diritto penale e D.Lgs. n.81/2008.

Scendendo del campo della pratica come bisogna agire per preservare salute e sicurezza? Centrale nelle operazioni sarà una corretta valutazione dei rischi. La pianificazione delle operazioni porta ad adottare misure idonee per la tutela del lavoratore, studiando i “rischi generici aggravati” (mirati al Paese ospitante) tra clima, geografia, rischi politici e sociali, capacità reali delle strutture di emergenza e pronto soccorso.

Non sempre è realmente così, ma ogni Stato dell’Unione Europea dovrebbe presentare misure di prevenzione simili o equivalenti a quelle italiane, se chiaramente è stato recepita la direttiva comunitaria in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

Rischio di caduta fulmini sul luogo di lavoro

Durante il periodo estivo è altamente probabile ritrovarsi a fare i conti con rapidi ma pericolosi temporali, dove il rischio di caduta fulmini tocca anche i luoghi di lavoro. Ieri una violentissima grandinata ha scosso la zona tra Pieve di Cento e San Pietro in Casale abbattendosi con foga al suolo. Il Resto del Carlino Bologna spiega bene l’accaduto, e oltre agli allagamenti una ditta ha subito danni ingenti, rimanendo bruciata in larga parte.

Cosa bisogna considerare in materia di Sicurezza sul Lavoro? Innanzitutto le misure preventive devono basarsi su una valutazione attenta, dove sono state studiate alcune distinzioni importanti. La fulminazione può essere diretta – colpisce direttamente la struttura causando pericolo per apparecchi ed impianti – o indiretta – struttura interessata da fenomeni collegati al fulmine come legami tra corrente di scarica e servizi. Come rischio di caduta fulmini dobbiamo sommare ogni singola componente di rischio valutata nelle differenti zone della struttura adibite a varie mansioni. Le esigenze dell’azienda, così strutturate, permettono una protezione efficace visto che già in fase di progettazione si possono calcolare rischi e probabilità relative ad un evento pericoloso.

Il TUSL 81/2008 all’articolo 80 specifica gli obblighi del datore di lavoro:

1. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché i lavoratori siano salvaguardati da tutti i rischi di natura elettrica connessi ad impiego di materiali, apparecchiature e impianti elettrici messi a loro disposizione, in particolare, da quelli derivanti da: contatti elettrici diretti; contatti elettrici indiretti; innesco e propagazione di incendi e di ustioni dovuti a sovratemperature pericolose, archi elettrici e radiazioni; innesco di esplosioni; fulminazione diretta ed indiretta; sovratensioni; altre condizioni di guasto ragionevolmente prevedibili.
2. A tale fine il datore di lavoro esegue una valutazione dei rischi di cui al precedente comma 1, tenendo in considerazione: le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro, ivi comprese eventuali interferenze; i rischi presenti nell’ambiente di lavoro; tutte le condizioni di esercizio prevedibili.

Il datore di lavoro è tenuto a proteggere edifici, impianti ed attrezzature affinché i lavoratori siano protetti dai pericoli determinati dal rischio di caduta fulmini o dall’innesco di atmosfere esplosive in presenza di particolari gas, vapori o nebbie infiammabili.

Onde minimizzare il rischio di caduta fulmini impianti elettrici e non devono essere periodicamente sottoposti a controllo, secondo la normativa vigente per verificarne lo stato di conservazione e di efficienza.

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