Colpo di calore: un rischio concreto

Il lavoro in condizioni di temperatura elevata è un classico per alcuni tipi di mansioni, su tutti ad esempio agricoltori, giardinieri, operai nei cantieri stradali e lavoratori edili. Dopo avervi già parlato di lavoratori outdoor entriamo nel caso specifico del rischio da colpo di calore.

Nella nostra regione i dati del servizio sanitario regionale indicano un record di infortuni per colpi di calore negli ultimi cinque anni e nel 59% delle aziende ispezionate mancava il Documento di Valutazione Rischi. Il Datore di Lavoro, come recita il D.Lgs 81/08, deve valutare “tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori”; tra questi anche quelli da calore tra disidratazione e colpo di calore, patologie della pelle, insolazione, disturbi respiratori ecc. ecc.

Per definire il rischio non è sufficiente considerare esclusivamente la temperatura, ma anche umidità, ventilazione ed irraggiamento. Verificare previsioni e condizioni meteo è decisivo: a rischio sono le giornate in cui si superano i 30° e l’umidità è oltre il 70%. Il lavoratore dovrà iniziare gradualmente per un acclimatamento intelligente, oltre a ricevere una informazione e formazione adeguata sugli effetti del calore, valutando anche la comprensione della lingua utilizzata nel percorso formativo.

Non possono mancare i dispositivi di protezione individuale, oltre ad una buona quantità di acqua fresca con la doppia finalità di rinfrescarsi e dissetarsi. Predisporre zone d’ombra e luoghi freschi si lega all’organizzazione di turni ed orari, nell’ottica di minimizzare il rischio grazie a rotazioni e pause per concentrare i lavori pesanti nelle ore più fresche della giornata.

La prevenzione è centrale valutando un vestiario traspirante e di colore chiaro (evitabile il lavoro a pelle nuda), idratandosi regolarmente e tenendo un’alimentazione povera di grassi e al contempo ricca di zuccheri e sali minerali. Infine onde evitare il colpo di calore non si può prescindere da una sorveglianza sanitaria completa: il medico competente darà il giudizio di idoneità al lavoro sostenendo fonti di calore, valutando il quadro clinico generale del lavoratore.

E se le precauzioni non tamponano la situazione come si manifesta e in che modo è utile agire durante un colpo di calore? La sola idratazione non basta, segni che anticipano il collasso sono: crampi muscolari, confusione, cute arrossata, sete intensa, poi vertigini, vomito, tremori, iperventilazione e formicolio alle dita.

Le modalità di intervento, oltre alla consueta chiamata al 118, sono da attuare nell’immediato posizionando il lavoratore all’ombra, sdraiato in caso di vertigini o sul fianco per la nausea. Il riposo assoluto si collega al tentativo di raffreddare la pelle con spugnature di acqua fresca, concentrate su fronte, nuca ed estremità.

Per ulteriori informazioni in merito non esitate a contattare il nostro Team di Professionisti specializzati in Ingegneria Ambientale e Sicurezza sul Lavoro. Chiamaci allo 0532-243048, oppure manda una mail all’indirizzo info@b-ethic.it.

Isi Agricoltura 2016: fondo per settore agricolo

Il Bando Inail Isi Agricoltura 2016 è indirizzato a quelle piccole imprese che operano nel settore della produzione agricola, dei prodotti per l’acquisto o il noleggio con patto di acquisto relativo a trattori agricoli o forestali, macchine agricole capaci di abbattere l’inquinamento e ridurre il rischio rumore, per migliorare a 360 gradi la sostenibilità e la produttiva delle aziende in questione.

Le parole del ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Giuliano Poletti a riguardo del Bando Isi Agricoltura 2016 sono chiare: “Destinare, per la prima volta, risorse specifiche al miglioramento delle condizioni di salute in agricoltura è un segnale importante di attenzione a un settore dove rafforziamo ancora la sicurezza sul lavoro, prevenendo i rischi“.

Vi diamo qualche delucidazione tecnica in merito, rimandandovi per completezza alla pagina del sito Inail di riferimento. I milioni di euro a disposizione per migliorare le condizioni di salute e sicurezza sono quarantacinque (venti finanziati dal ministero del Lavoro e delle politiche sociali e venticinque dall’Inail); l’importo è diviso in due parti: cinque milioni di euro sono a disposizione di giovani agricoltori, anche in forma societaria, e i restanti quaranta milioni destinati alle generalità delle imprese agricole.

Il tutto è in collaborazione con il ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali; non a caso il ministro Maurizio Martina esprime così la sua soddisfazione: “Attraverso le risorse dedicate contribuiamo ad ammodernare il parco macchine in attività nei nostri campi, mirando soprattutto a prevenire i rischi sul lavoro. Attenzione particolare va ai giovani che, anche in questo bando, hanno una corsia preferenziale per il sostegno ai loro investimenti“.

Le fasi per accedere ai finanziamenti sono simili al bando Isi sicurezza sul lavoro. Dal 10 novembre al 20 gennaio 2017 si potrà compilare la domanda, valutando il progetto da presentare nel tentativo di capire se è raggiunta la soglia di ammissibilità. Successivamente dal 1 febbraio 2017 sarà disponibile il codice identificativo e poi dal 30 marzo 2017 verranno comunicate date ed ora di apertura e chiusura dello sportello informatico per l’invio delle domande. Ogni azienda può presentare una sola domanda ed i finanziamento saranno erogati fino ad esaurimento in base all’ordine cronologico di ricezione richieste. Il contributo sarà valido da un minimo investimento di 1000 euro ad un massimo di 60 mila euro, coprendo fino al 50% per i giovani e al 40% per le altre aziende agricole.

Dopo avervi illustrato questa preziosa risorsa per una crescita globale, rinnoviamo l’invito a contattare il nostro Team di Professionisti per dubbi o questioni irrisolte attorno ai temi di Sicurezza sul Lavoro e Ingegneria Ambientale. Chiamateci allo 0532-243048, oppure mandate una mail all’indirizzo info@b-ethic.it. 

Sovraccarico biomeccanico: Normativa e rimedi

L’aumento delle patologie relative alle “strutture osteoarticolari, muscolotendinee e nervovascolari”, causate dal Sovraccarico biomeccanico degli arti superiori, è un punto sul quale sarà sempre più utile porre un occhio di riguardo. L’alterazione funzionale delle articolazioni (spalla, gomito, polso e mano) è spesso causata e poi aggravata da movimenti ripetitivi presenti in molti tipi di mansioni, qui il nostro precedente approfondimento.

Le “attività lavorative caratterizzate da cicli ripetuti composti da azioni tecniche” sono affrontate e normate nel Decreto legislativo 81/2008 e nelle norme tecniche UNI ISO 11228 1-2-3 dove è presente la guida alla valutazione dei fattori di rischio connessi, tema che tratteremo in un altro momento.

Ora passiamo alla trattazione degli interventi utili in caso di Sovraccarico biomeccanico, divisi in più aree operative: strutturali, organizzativi e formativi. Nell’ultimo caso citato, l’Inail fornisce materiale e schede aggiornate per garantire un supporto formativo-informativo agli operatori del settore. Parallelamente gli interventi definiti strutturali si basano sulla corretta disposizione del proprio luogo di lavoro, inserito nell’ambiente condiviso con gli altri. Migliorare movimenti e postura, utilizzare la giusta forza evitando contrazioni ripetute per abbassare l’impegno muscolare globale sono tra i consigli da seguire.

Infine anche l’organizzazione del lavoro incide quando si ha a che fare con il Sovraccarico biomeccanico. Individuare delle buone prassi collettive porta all’eliminazione di tutte le azioni non necessarie, che magari compiute in maniera ripetuta portano all’inasprirsi dei problemi tipici di questo genere di malattie lavorative. Comprendere quali tecniche sono fondamentali e quali no è l’anticamera di un controllo reale sugli sforzi, per capire i rischi correlati e l’entità dell’affaticamento dovuto a movimenti ripetitivi.

Ricordando che i movimenti ripetitivi sono considerati una vera e propria malattia professionale, per dubbi o questioni irrisolte non esitate a contattare il nostro Team di Professionisti specializzati in Ingegneria Ambientale e Sicurezza sul Lavoro. Chiamateci allo 0532-243048, oppure mandate una mail all’indirizzo info@b-ethic.it. 

Decreto Balduzzi, nuova proroga al 30 novembre

L’attuazione del Decreto Balduzzi – impone l’obbligo da parte delle società sportive dilettantistiche di dotarsi dei defibrillatori – slitta nuovamente. Il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, e il sottosegretario alla presidenza del consiglio dei ministri Claudio De Vincenti, con un decreto firmato dal ministro della Salute prorogano la scadenza di 4 mesi e 10 giorni.

La necessità, salvo ulteriori proroghe, scatterà dal 30 novembre. Il Decreto Balduzzi del 2012 (n.158/2012 convertito nella L.189/2012) sviluppa anche le garanzie sanitarie con obblighi legati alla certificazione medica per tutti i cittadini impegnati nella pratica sportiva, sia agonistica che amatoriale. Inoltre le linee guida attive con il Dm 24 aprile 2013 ponevano sul tavolo la presenza di personale adeguatamente formato attivo in alcuni centri di formazione accreditati da ogni singola Regione.

Un defibrillatore semiautomatico (abbreviato DAE o AED) è un particolar dispositivo in grado di eseguire una defibrillazione sicura alle pareti del cuore, grazie a speciali sensori che riconoscono un arresto cardiaco legato ad aritmie o fibrillazione ventricolare. In caso di arresto i minuti per intervenire e salvare la persona sono pochissimi, possedere un defibrillatore direttamente sul luogo d’uso – unito a personale formato all’uso – è una risorsa centrale.

I precedenti rinvii derivavano dalla mancata formazione su tutto il territorio nazionale, ora pur non entrando nel merito si parla della stessa ragione. Allineare esigenze di sicurezza e formazione non dovrebbe essere così complesso.

Continueremo a tenervi aggiornati sulle prossime scadenze del Decreto Balduzzi, per tutto il resto non esitate a contattare il nostro Team di Professionisti specializzati in Ingegneria Ambientale e Sicurezza sul Lavoro. Chiamaci allo 0532-243048, oppure manda una mail all’indirizzo info@b-ethic.it.

Burnout: un particolare tipo di stress lavorativo

Da qualche tempo a questa parte ci stiamo focalizzando sulla definizione dei “nuovi rischi emergenti” in particolar modo legati allo Stress da Lavoro Correlato. Nella serie di approfondimenti non poteva mancare il fenomeno del “Burnout“, un affaticamento lavorativo che porta all’esaurimento emotivo, per un deterioramento continuo di volontà e spirito. Da manuale tale frustrazione colpisce per lo più categorie di professioni dove le relazioni tra utenti ed operatori sono prolungate nel tempo, è a tutti gli effetti un tipo di stress lavorativo.

Burnout (“esaurito” o “bruciato”) appare per la prima volta come termine tecnico nello sport, usato a riguardo di atleti che dopo un exploit positivo non sono riusciti a conseguire altri risultati di pari valore. Solo alla fine degli anni ’70 è entrato nel vocabolario della psicologia, per indicare la spersonalizzazione e la riduzione delle capacità personali al termine di un contatto basato su molteplici richieste, spesso oltre i limiti.

La sofferenza individuale legata al lavoro è in costante aumento in Occidente, disegnando i confini di un vero problema di natura sociale, interessando il singolo o anche un team di lavoro nella sua totalità. Precisamente le specificità riguardanti il burnout sono:

  1. Disimpegno progressivo dal lavoro.
  2. Sentimenti positivi (motivazioni) si trasformano in negativi (ansia).
  3. Frattura tra persona e lavoro, il secondo è una realtà che porta solo problemi.

I risultati di tale stato sono oggettivamente negativi: esaurimento, si supera una linea emotiva e fisica per cui la persona non ha più la forza e l’energia per affrontare le proprie mansioni; freddezza, l’atteggiamento diventa distaccato azzerando il coinvolgimento nel tentativo di proteggersi da eventuali critiche o delusioni; scarsa produttività, tutto viene percepito come insignificante e opprimente e si smarrisce la fiducia nelle proprie capacità.

Il mondo – lavoro forma un contesto che tiene impegnato per molte ore una persona, finisce per modellare le modalità di interazione con gli altri. Ordini contrastanti, eccessiva mole di lavoro, compenso limitato, assenza di gratificazioni e lassismo nei controlli rientrano nello schema delle cause di burnout. Certamente concorrono anche variabili caratteriali, sociali e demografiche, ma qui vogliamo focalizzarci su quelle relative alle organizzazioni lavorative di qualunque tipo. Senza dubbio alle fonti di disagio sopra citate si possono aggiungere:

  • eccessiva responsabilità per un incarico non commisurato alle capacità del lavoratore;
  • orario non adeguato ed assenza di eventuale turnazione;
  • piramide decisionale aleatoria e mutevole senza uno schema fisso;
  • scarse informazioni per determinare il proprio ruolo;
  • mancanza totale di stimoli.

Risolvere la Sindrome da Burnout è possibile solo con una reale azione combinata (individuale, sociale ed anche istituzionale), dove l’organizzazione comprende che deve mantenere produttivo il personale per un lasso di tempo il più lungo possibile.

Tra le miriadi di strategie per aumentare l’armonia chiudiamo l’approfondimento con qualche esempio: condivisione e gestione del carico di lavoro con i componenti del Team, sviluppo del senso di squadra, partecipazione ai processi decisionali, porre obiettivi realistici e formare continuamente.

Vi continueremo a tenere aggiornati sul tema, mentre per ulteriori informazioni in merito di Sicurezza sul Lavoro e Formazione non esitate a contattare il nostro Team di Professionisti. Chiamaci allo 0532-243048, oppure manda una mail all’indirizzo info@b-ethic.it.

Microclima e valutazione rischi: che fare?

Microclima e valutazione rischi. Stamane ci siamo alzati con l’umidità all’84% e in una situazione del genere viene facile tornare sul tema “Microclima”; ricordando il nostro approfondimento introduttivo puntiamo nuovamente l’attenzione sul Documento Ispesl, ora Inail – Microclima, aerazione e illuminazione nei luoghi di lavoro. Requisiti e standard. Indicazioni operative e progettuali. Linee Guida
Tra i compiti del datore di lavoro vi è quello di rendere l’ambiente aziendale più vicino al benessere termico, “quando una elevata percentuale di persone poste all’interno dello stesso luogo, soggette ad analoghe condizioni di vestiario ed attività fisica, non è in grado di affermare se preferirebbe una temperatura più alta o più bassa“.
L’azienda e i suoi locali presentano una situazione climatica che deriva da un grande insieme di fattori, strutturali e non, per i quali si possono apportare migliorie decise. Cosa intendiamo? In generale la collocazione dell’edificio (chiaramente da valutare in fase di progettazione), un discreto isolamento termico, la possibilità di schermare l’irraggiamento solare diretto e la presenza di buoni rapporti aeranti. Nel caso tutto ciò non sia sufficiente sarà utile adottare impiantistica più specifica e interventi mirati: controlli del carico termico, adeguato posizionamento delle postazioni fisse, bilanciamento delle portate d’aria e dotazione di regolatori autonomi nei diversi ambienti presenti.
Possiamo andare oltre spostando l’attenzione sul microclima e valutazione rischi connessa, prescritta dal D.Lgs 81/08 agli articoli 180 e 181.
La procedura da seguire è indicativamente questa:
  1. Individuare le aree più a rischio, grazie ad un quadro il più realistico possibile sulle lavorazioni svolte. Per fare ciò è necessario creare un profilo con dati, documentazione e colloqui con i responsabili della sicurezza.
  2. Partire dai principali parametri relativi al microclima, valutando i singoli reparti in base ai fattori sopracitati (isolamento termico, collocazione edificio ecc. ecc.).
  3. Suddividere i lavoratori per gruppi collegandoli ai reparti precedentemente osservati, calcolando per ciascuno l’indice di stress termico.
  4. Redazione vera e propria del documento di valutazione specifica sulle condizioni microclimatiche, proponendo interventi necessari al minimizzare i potenziali rischi connessi.
Rimane valida la buona prassi preventiva e il microclima verrà valutato con riferimento alle norme tecniche (UNI, ISO). Tale processo di prevenzione è la fusione di una corretta progettazione, di una sensata organizzazione del lavoro e, dove prevista, di una seria sorveglianza sanitaria. Nei prossimi approfondimenti legati al microclima parleremo proprio di controllo sanitario sui lavoratori e di DPI per ambienti “termicamente severi”.
Non esitate a contattare il nostro Team di Professionisti specializzati in Ingegneria Ambientale e Sicurezza sul Lavoro. Chiamaci allo 0532-243048, oppure manda una mail all’indirizzo info@b-ethic.it.

Safety Expo: il 21 e il 22 settembre a Bergamo

Il Safety Expo è un evento che si terrà a Bergamo il 21 e il 22 settembre. Si fondono il Forum di Prevenzione Incendi, giunto alla XII Edizione, e il Forum di Sicurezza sul lavoro, alla V Edizione. La due giorni di confronto tra aziende, professionisti, esperti ed istituzioni sarà realizzato grazie all’Istituto INFORMA e alle Riviste antincendio e ambiente&sicurezza sul lavoro.

Molti Ordini Professionali hanno riconosciuto CFP agli iscritti che parteciperanno e in tema di Sicurezza sul Lavoro e Formazione a Safety Expo verranno trattati tutti gli argomenti al centro dei nostri approfondimenti: Prevenzione e Formazione, Attrezzature e Inquinamento, DPI e Jobs Act, Antincendi e Analisi del Rischio, Sicurezza e Benessere, Progettazione Piano Formativo e Rischio Chimico, Stress Lavoro Correlato e Safety Corner.

In particolar modo – durante Safety Expo – si parlerà di meditazione mindfulness, visto che il disagio lavorativo colpisce 4 milioni di persone in Italia ed è la causa della metà delle giornate perse sul lavoro. Il fatturato perso è alto e questo costo diventerà abbattibile solo migliorando il benessere dei lavoratori; l’Agenzia Europea per la Sicurezza sul Lavoro calcola che per ogni euro investito dall’azienda nel benessere del lavoratore, ne guadagna dai 2,5 ai 4,8.

Il programma di Safety Expo permetterà dunque di avvicinarsi a nuove tematiche alternative, che pongono al centro di tutto la persona, a prescindere dal ruolo rivestito in azienda. La promozione del benessere avverrà grazie all’incontro con autorevoli personaggi, occasione da non perdere per tutti gli addetti ai lavori interessati.

Nuovo Accordo RSPP/ASPP: testo ufficiale

Come vi abbiamo anticipato l’11 luglio non mancava molto tempo alla pubblicazione ufficiale del nuovo Accordo approvato il 7 luglio 2016, testo che prevede l’abrogazione degli Accordi del 26 gennaio 2006 e del 5 ottobre 2006. 

L’attesa per il documento ufficiale pubblicato in Gazzetta è finita, il testo conferma le indiscrezioni che vi avevamo dato. In materia di indicazioni metodologiche abbiamo uno sviluppo qualitativo piuttosto avanzato, il tutto ricade nelle reale erogazione dei corsi proposti. RSPP e ASPP dovranno avere una formazione manageriale in grado di coprire aspetti tecnici e modalità di intervento a 360°, cercando di coinvolgere tutti gli attori presenti tra prevenzione, salute e sicurezza sul lavoro. Un serio progetto formativo deve trovare sbocco in una risposta operativa di valore, districandosi fra alcune macro sezioni: gestionale organizzativa, tecnica e relazionale.

Chiaramente l’accordo prevede due requisiti base per svolgere il ruolo di RSPP:

  • titolo di studio non inferiore al diploma;
  • attestato rilasciato in seguito alla frequenza a specifici corsi di formazione.

Per maggiori informazioni, oltre al documento ufficiale da scaricare, sul percorso formativo del nuovo accordo vi rimandiamo all’esemplificativo schema di  AiFOS (Associazione Italiana Formatori ed Operatori della Sicurezza sul Lavoro) dove si mettono bene in risalto le varie novità.

Vi continueremo a tenere aggiornati sul tema e sulle prossime scadenze, mentre per ulteriori informazioni in merito di Sicurezza sul Lavoro e Formazione non esitate a contattare il nostro Team di Professionisti. Chiamaci allo 0532-243048, oppure manda una mail all’indirizzo info@b-ethic.it.

Patologie arti superiori: movimenti ripetitivi

Come vi abbiamo spiegato qualche settimana fa i movimenti ripetitivi ricadono nella categoria dei rischi di prioritaria importanza, ricordando sempre che essi sono considerati una vera e propria malattia professionale. Gli effetti di tali attività lavorative che comportano movimenti ripetuti degli arti superiori in condizioni non ergonomiche sono definiti nell’articolo 167, comma 2, lettera b) del D. Lgs. 81/2008 come patologie da sovraccarico biomeccanico, ossia “patologie delle strutture osteoarticolari, muscolotendinee e nervovascolari”.

La continuativa esposizione al rischio specifico nel tempo è racchiusa da freddi acronimi come RSI (Repetitive Stress Injury) e CTD (Cumulative Trauma Disorder). Le variabili che scatenano tali patologie possono agire in sinergia, aumentando globalmente l’effetto nocivo e riducendo le possibilità di guarigione; solitamente le malattie in questione richiedono un periodo lungo di riabilitazione, rischiando di non arrivare al risultato sperato.

Quali sono dunque i fattori di rischio? Frequenza, durata, posture lesive, richiesta di forza eccessiva, scarso tempo di recupero, fattori individuali (età, sesso, esperienza e stato di salute) e fattori complementari (ambientali come illuminazione, microclimatici e di esposizione a vibrazioni).

E le patologie da sovraccarico biomeccanico come si classificano? Prevalentemente seguendo il tessuto interessato:

  • tendiniti;
  • tenosinoviti;
  • patologie neurologiche periferiche;
  • patologie neuro-vascolari;
  • patologie muscolari.

Su tutti possiamo citare la Sindrome del tunnel carpale, il “Gomito del Tennista”Sindrome della cuffia dei rotatoriSindrome di De QuervainSindrome del dito a scattoSindrome dello stretto toracico.

Il datore di lavoro deve considerare, artt. 15, 17 e 28 del D. Lgs 81/08, l’obbligo di valutare tutti i rischi per i lavoratori. In base all’articolo 168, i criteri di riferimento per la valutazione dei rischi sono le norme tecniche, le buone prassi e le linee guida. E’ quindi evidente che il rischio in questione può essere analizzato seguendo i dettami della norma UNI ISO 11228-3 oppure le linee guida emanate dagli Enti competenti.

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Fonte: INAIL.

Mindfulness contro lo Stress da Lavoro Correlato

La pratica del Mindfulness. Tra i rischi definiti emergenti non possiamo evitare di includere lo Stress da Lavoro Correlato. Pur non essendo una malattia – parliamo di una condizione che si sviluppa per colpa di una fonte o una sollecitazione esterna – il malessere che ne consegue incide sull’organizzazione del lavoro. Si avverte uno squilibrio tra la capacità individuale, le risorse e le richieste esorbitanti poste dal datore di lavoro, non superare questo divario crea un malessere trasformato poi in rischio, ed infine in scarsa efficienza sul luogo di lavoro.

Dal gennaio 2011 ogni azienda deve valutare lo Stress da Lavoro Correlato Decreto legislativo 81/08, articolo 28 – per capire se persiste una potenziale prolungata tensione, al contrario una certa pressione su breve periodo può migliorare considerevolmente le prestazioni. I dati Eu-Osha parlano di un fenomeno che potrebbe aumentare in futuro, tra precarietà e forza lavoro invecchiata, mentre l’Organizzazione mondiale della Sanità indica la depressione – coniugata ad una vita stressante – come maggior causa di assenza sul lavoro.

A questo punto si può scendere nel dettaglio, parlando di tecniche per la gestione dello stress: ad esempio la Mindfulness. Il termine è la traduzione inglese di una parola della lingua della psicologia buddhista; termini italiani come “consapevolezza”, “attenzione” e “presenza mentale” rischiano di falsificare il reale significato.

Le organizzazioni nascono e si rafforzano grazie alle persone, in un cambiamento spesso traumatico. Il Mindfulness è prima di tutto allenamento personale, una “consapevolezza che emerge prestando intenzionalmente attenzione, nel momento presente e in modo non giudicante, al dispiegarsi dell’esperienza, momento per momento“. L’utilizzo delle pratiche di meditazione in un contesto aziendale producono effetti benefici in più aree: dai quadri dirigenziali, con spazio alla soggettività, alle relazioni, con empatia e rispetto, agli ambienti, con la possibilità di avere spazi adeguati in cui lavorare.

Mindfulness permette così:

  • una maggior efficienza nello svolgimento delle proprie mansioni;

  • lo sviluppo di coesione tra le persone;

  • l’aumento della capacità di reazione davanti ai problemi;

  • di dare ampio spazio a intuizione, creatività, consapevolezza emotiva;

  • la forte riduzione e una migliore capacità di gestione dello stress;

  • una maggiore propensione e potenziamento del lavoro in team;

  • il favorire dell’apertura al cambiamento e la flessibilità;

  • di porre il focus sulla gestione della comunicazione interpersonale;

  • di migliorare il clima umano all’interno delle organizzazioni.

L’istituto Italiano Mindfulness è il primo spazio in Italia per la formazione a breve e a lungo termine. B.Ethic continuerà a monitorare la situazione, siamo certi che tale pratica sarà sempre più in espansione nel futuro prossimo; non a caso aziende leader nell’innovazione da tempo pongono l’attenzione sulla Mindfulness.