Lavoratori outdoor: aumentano le temperature

Il grande caldo è arrivato, per la gioia di chi può godersi il mare e meno per chi deve lavorare sotto il sole. Come sempre il cambio di stagione, con le condizioni climatiche che variano, porta un caldo umido e a volte torrido. I rischi per i lavoratori outdoor sono evidenti, e si aggravano in caso di particolari tipologie di mansioni che richiedono macchine e/o attrezzature capaci di rendere più pesante e afoso il clima (fiamme o comunque strumenti che aumentano il calore percepito).

Le temperature elevate sono solo uno dei fattori con i quali ogni lavoratore outdoor deve fare i conti. L’esatta localizzazione del lavoro (ad esempio terrazze) incide sui rischi, così come l’esposizione ai raggi UV. La natura stessa dei raggi è pericolosa, essa può essere elevata a prescindere dalla temperatura effettiva e sottovalutare il rischio da radiazione solare mette in pericolo il lavoratore.

Il datore di lavoro è tenuto ad informare, con una formazione adeguata, sulle misure preventive ideali da mettere in campo. La foto-protezione ambientale e individuale si dipana su più piani: indumenti protettivi, costruzione fisica di zone d’ombra e organizzazione lavorativa con una rotazione delle mansioni.

Con il Decreto legislativo 81/2008 il datore di lavoro deve valutare “tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori“, in questo gruppo ricadono certamente anche i “gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari“. Si sottolinea la necessità di avere una stretta collaborazione tra RSPP e medico competente al fine di predisporre il piano operativo sopra esposto. Valutazione dei rischi, attuazione misure preventive, informazione e formazione sono i tasselli base di un mosaico in grado di preservare la salute del lavoratore.

Una buona prassi, portata avanti del tempo, interiorizza la consapevolezza che alla prevenzione si deve affiancare l’uso di mezzi protettivi, specialmente tra le persone a rischio. Vari studi hanno correlato tumori della pelle e lavoratori outdoor, la percentuale di persone con tale patologia è più alta se si lavora all’aperto.

Per ulteriori informazioni in merito non esitate a contattare il nostro Team di Professionisti specializzati in Ingegneria Ambientale e Sicurezza sul Lavoro. Chiamaci allo 0532-243048, oppure manda una mail all’indirizzo info@b-ethic.it.

 

Movimenti ripetitivi: approfondimenti

Partiamo subito con il mettere in chiaro che i movimenti ripetitivi ricadono nella categoria dei rischi di prioritaria importanza, ricordando sempre che essi sono considerati una vera e propria malattia professionale.

Una lunghissima serie di attività ha il carattere della ripetitività e gli studi medici hanno dimostrato una correlazione evidente con disturbi muscolo-scheletrici, viste le continue sollecitazioni tramutate poi in traumi ed usura di articolazioni, muscoli e tendini. Il rischio da movimenti ripetitivi riguarda gli arti superiori e andiamo qui di seguito ad indicare quali azioni comportano un danno se compiute senza adottare misure preventive. Mani, gomiti, spalle e polsi utilizzati per un periodo di tempo prolungato nello stesso movimento per: posizionare, tenere, inserire, estrarre, spingere, avvitare, aprire, chiudere, tagliare, pulire o prendere. Si toccano dunque mansioni che vanno dal montaggio all’elettromeccanica, dalla tappezzeria all’abbigliamento per ricadere in edilizia, movimentazione carichi, conduzione mezzi meccanici e tanto altro ancora.

La frequenza è direttamente proporzionale al rischio, all’aumentare di una cresce l’altro. Anche forza e postura giocano un ruolo fondamentale nei disturbi WMSDs (Work Related Muscolo Skeletal Disorders ovvero i disturbi muscolo scheletrici connessi all’attività lavorativa). Il corpo umano naturalmente è soggetto a deterioramento, e compiendo movimenti ripetitivi si crea un “Sovraccarico Biomeccanico” riguardanti ossa, articolazioni, tendini e muscoli.

Per combattere l’insorgere di una malattia professionale è necessario prevenire il problema. Seguendo la legislazione riguardante la Sicurezza e la Salute abbiamo esempi di una corretta prassi, a partire dalla Valutazione dei Rischi derivanti da Movimenti Ripetitivi. Dopo aver raccolto i dati mirati sarà possibile svolgere un piano d’azione tra interventi strutturali, organizzativi, formativi e contestualmente informativi.

In conclusione ai sensi del Titolo VI del D.Lgs. 81/08 vi riportiamo le sanzioni previste in caso di mancata valutazione specifica dei rischi. Per ulteriori informazioni in merito non esitate a contattare il nostro Team di Professionisti specializzati in Ingegneria Ambientale e Sicurezza sul Lavoro. Chiamaci allo 0532-243048, oppure manda una mail all’indirizzo info@b-ethic.it.

Salute e sicurezza lavoratori all’estero

Negli ultimi trentanni il mercato del lavoro è cambiato a ritmi difficilmente immaginabili, fenomeni sociali come la globalizzazione hanno mutato il panorama intero, ed il discorso è valido sia per le imprese ad alta innovazione tecnologica che per le aziende di piccole e medie dimensioni. La crisi economica ha poi spinto alcune società a cercare un movimento verso nuovi mercati esteri, trovandosi un confronto non indolore con la diversa legislazione del luogo. L’attività imprenditoriale si è trovata a volte in confusione, dovendo applicare normative diverse dal nostro paese. Nella Salute e Sicurezza del Lavoro il tema è particolarmente sentito in quanto è vincolante anche all’estero fornire al lavoratore condizioni di lavoro che rispecchino certi standard di sicurezza.

La legislazione italiana non ha promulgato una normativa specifica sulla tutela della Sicurezza del lavoro all’estero, spesso considerando le vicissitudini del diritto internazionale e la difficoltà nello stabilire la legge realmente applicabile in una data circostanza.

La grande differenziazione è tra lavori in paesi dell’Unione Europea (dove la normativa è coerente a quelle italiana) o paesi extraeuropei dove è presente una diversa cultura del lavoro, e le condizioni sono diversificate per variante quali il clima, la sicurezza pubblica ecc. ecc. Fare confronti diventa impossibile e i primi passi da muovere sono questi:

  1. Studiare criteri di orientamento sugli strumenti normativi internazionali, europei e nazionali per trovare una norma applicabile al caso specifico;
  2. Considerare le differenze a seconda del rapporto lavorativo che intercorre tra azienda e dipendente;
  3. Capire che tipo di obblighi nell’ambito della prevenzione sono richiesti, verificando gli standard;
  4. Rilevare in Italia la valenza dei reati commessi all’estero, affrontando tematiche del diritto penale.

Per fare un esempio relativo ad un caso che faccia riferimento a paesi dell’Unione Europea il bandolo della matassa è formato da: direttive comunitarie (n.89/391 CE in materia di salute e sicurezza e n. 97/71 CE in materia di distacco dei lavoratori nell’ambito delle prestazioni di servizio), regolamenti UE (593/2008 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 17 giugno 2008 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali), principi di diritto penale e D.Lgs. n.81/2008.

Scendendo del campo della pratica come bisogna agire per preservare salute e sicurezza? Centrale nelle operazioni sarà una corretta valutazione dei rischi. La pianificazione delle operazioni porta ad adottare misure idonee per la tutela del lavoratore, studiando i “rischi generici aggravati” (mirati al Paese ospitante) tra clima, geografia, rischi politici e sociali, capacità reali delle strutture di emergenza e pronto soccorso.

Non sempre è realmente così, ma ogni Stato dell’Unione Europea dovrebbe presentare misure di prevenzione simili o equivalenti a quelle italiane, se chiaramente è stato recepita la direttiva comunitaria in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

Rischio di caduta fulmini sul luogo di lavoro

Durante il periodo estivo è altamente probabile ritrovarsi a fare i conti con rapidi ma pericolosi temporali, dove il rischio di caduta fulmini tocca anche i luoghi di lavoro. Ieri una violentissima grandinata ha scosso la zona tra Pieve di Cento e San Pietro in Casale abbattendosi con foga al suolo. Il Resto del Carlino Bologna spiega bene l’accaduto, e oltre agli allagamenti una ditta ha subito danni ingenti, rimanendo bruciata in larga parte.

Cosa bisogna considerare in materia di Sicurezza sul Lavoro? Innanzitutto le misure preventive devono basarsi su una valutazione attenta, dove sono state studiate alcune distinzioni importanti. La fulminazione può essere diretta – colpisce direttamente la struttura causando pericolo per apparecchi ed impianti – o indiretta – struttura interessata da fenomeni collegati al fulmine come legami tra corrente di scarica e servizi. Come rischio di caduta fulmini dobbiamo sommare ogni singola componente di rischio valutata nelle differenti zone della struttura adibite a varie mansioni. Le esigenze dell’azienda, così strutturate, permettono una protezione efficace visto che già in fase di progettazione si possono calcolare rischi e probabilità relative ad un evento pericoloso.

Il TUSL 81/2008 all’articolo 80 specifica gli obblighi del datore di lavoro:

1. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché i lavoratori siano salvaguardati da tutti i rischi di natura elettrica connessi ad impiego di materiali, apparecchiature e impianti elettrici messi a loro disposizione, in particolare, da quelli derivanti da: contatti elettrici diretti; contatti elettrici indiretti; innesco e propagazione di incendi e di ustioni dovuti a sovratemperature pericolose, archi elettrici e radiazioni; innesco di esplosioni; fulminazione diretta ed indiretta; sovratensioni; altre condizioni di guasto ragionevolmente prevedibili.
2. A tale fine il datore di lavoro esegue una valutazione dei rischi di cui al precedente comma 1, tenendo in considerazione: le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro, ivi comprese eventuali interferenze; i rischi presenti nell’ambiente di lavoro; tutte le condizioni di esercizio prevedibili.

Il datore di lavoro è tenuto a proteggere edifici, impianti ed attrezzature affinché i lavoratori siano protetti dai pericoli determinati dal rischio di caduta fulmini o dall’innesco di atmosfere esplosive in presenza di particolari gas, vapori o nebbie infiammabili.

Onde minimizzare il rischio di caduta fulmini impianti elettrici e non devono essere periodicamente sottoposti a controllo, secondo la normativa vigente per verificarne lo stato di conservazione e di efficienza.

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Crowdsourcing: bilanciare opportunità e rischi

Crowdsourcing (da crowd, “folla”, e sourcing, “outsourcing”, e cioè esternalizzazione aziendale) è lo sviluppo collettivo, nato dalla passione di volontari, che sfruttando le tecnologie del Web 2.0 ha fin da subito rivoluzionato il mondo del lavoro. Inizialmente sono nate community open source (Wikipedia ad esempio è nata da crowdsourcing volontario), nell’ottica di uno sviluppo di nuove forme lavorative, avviate grazie alla rivoluzione tecnologica e comunicativa partita alla fine degli anni ’70.

Focalizzandosi in ambito economico il crowdsourcing è “l’esternalizzazione di una parte delle proprie attività”, un modello di business dove le aziende o le istituzioni affidano una parte del proprio progetto a un insieme non definito di persone, non organizzate in precedenza per altri lavori. Il tutto è favorito dagli strumenti del web, attraverso dei portali specifici dove i freelance offrono i propri servizi in un mercato pressoché globale.

Come sempre le nuove opportunità sono accompagnate da rischi difficilmente affrontati in precedenza, entriamo in una sorta di territorio inesplorato. Innanzitutto è complesso stabilire, nel mare magnum di forme diverse e poco definite di collaborazione, il numero di piattaforme di crowdsourcing presenti e il numero di utenti registrati. La crescita radicale non è realmente quantificata e stimata. Lavorare al videoterminale porta ad un affaticamento visivo, accompagnato da problemi muscoloscheletrici, se non vengono prese le corrette precauzioni in termini di ergonomia e ambienti di lavoro. La pressione di lavorare senza continuità, magari un giorno per l’altro, priva di una sensazione di sicurezza con difficoltà nella concentrazione e continue distrazioni. Può esserci una carenza di sorveglianza, manca la supervisione adatta e c’è la possibilità di ritrovarsi isolato.

Ci sono situazioni che, mancando le coordinate generali, non possono essere realmente risolte: quali regolamentazioni vanno seguite per tale modalità di lavoro? Che modelli legislativi è necessario seguire? Che assicurazioni esistono per la protezione dei lavoratori? Come avviene la certificazione ed il controllo?

In conclusione si dovrebbe regolare la sharing economy, senza tarparle le ali. Tra opportunità (crescita di competitività, innovazione, creazione di un mercato digitale, flessibilità, accesso di lavoratori sennò discriminati) e rischi (sopracitati) sarà centrale trovare il giusto bilanciamento per garantire Sicurezza e Salute ai lavoratori impegnati nel crowdsourcing.

Piscine: quaderni di salute e sicurezza Inail

In questo periodo dell’anno le Piscine rappresentano la meta preferita di chi non può per svariati motivi raggiungere il mare. Se da un lato gli infortuni in ambiente di lavoro sono oggetti di analisi, spesso i rischi presenti nella vita non lavorativa vengono presi meno in considerazione. Le piscine sono un luogo a metà tra ambiente di lavoro, per alcuni, e di svago, per altri, rappresentando l’esempio perfetto dove la sicurezza e la salute dei lavoratori si fonde a quella di comuni cittadini intenti a praticare uno sport, o semplicemente intenzionati a divertirsi.

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I Quaderni per la Salute e la Sicurezza Inail sulle Piscine sono la versione aggiornata di un documentato presentato nel 2005 e intendono prevenire i rischi, conformando le norme agli adempimenti tecnici, organizzativi e comportamentali. Partendo da una rapida descrizione, anche storica, del nuoto si offre un utile supporto ad utenti e personale delle piscine, per quanto riguarda salute e sicurezza in acqua.

La classificazione degli impianti, la lista relativa alle leggi nazionali e regionali, anticipano tutti i requisiti di sicurezza in vari ambiti: igienico, ambientale, sanitario, di controllo e primo soccorso. Ad esempio, parlando di “sicurezza e controlli”, si fa affidamento al decreto ministeriale del 18 marzo 1996 “Norme di sicurezza per la costruzione e l’esercizio degli impianti sportivi”, coordinato con le modifiche e le integrazioni introdotte dal decreto ministeriale del 6 giugno 2005. Si prevede che i titolari degli impianti siano responsabili dell’attuazione e del mantenimento delle condizioni di sicurezza, a garanzia dell’incolumità del pubblico, degli atleti e del personale addetto.

I titolari possono essere configurati sia nei proprietari della struttura sia nei gestori della stessa con responsabilità di:

  1. valutazione del rischio;
  2. predisposizione e redazione del piano di sicurezza;
  3. predisposizione e redazione del piano di emergenza;
  4. nomina del personale addetto alla sicurezza dell’impianto;
  5. formazione e informazione degli addetti agli impianti;
  6. effettuazione e registrazione di controlli periodici del corretto funzionamento.

Passando agli infortuni i più statisticamente frequenti riguardano cadute e scivolamenti, l’ambito è quello delle “lesioni dell’apparato scheletrico; fratture del cranio, lacerazione del timpano; fratture al tratto cervicale, dorsale, lombare, osso sacro, coccige; fratture al bacino, al torace; fratture agli arti superiori (braccio, avambraccio, polso e mano);fratture agli arti inferiori (femore, tibia, perone, piede); lesioni dentarie; lesioni muscolo-tendinee”. Inoltre “i pericoli che possono essere connessi ad un’ambiente come la piscina sono quindi l’annegamento, i traumi da impatto, l’esposizione ad agenti fisici come freddo e caldo, contatto inalazione o ingestione di patogeni, virus, agenti chimici”.

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Infine i responsabili delle piscine, ai sensi del D.Lgs. 81/2008 e successive modifiche, devono redigere il DVR per tenere conto dei:

  • potenziali rischi igienico-sanitari;
  • punti o fasi in cui si possono verificare i rischi;
  • misure preventive da adottare; sistema di monitoraggio;
  • azioni correttive;
  • verifiche del piano di sicurezza ed emergenza;
  • aggiornamento delle procedure dei sistemi di prevenzione e protezione, dei soggetti coinvolti in tali procedure,con definizione di incarichi specifici;
  • procedure di attuazione;
  • mansioni a rischio che richiedono un’idoneità professionale

Fonte Inail, qui potete scaricare il Quaderno relativo alle piscine.

Per i vostri dubbi in materia di Sicurezza sul Lavoro e Formazione non esitate a contattarci: chiamaci allo 0532-243048, oppure mandaci una mail all’indirizzo info@b-ethic.it.

 

Inail 2015: morti sul lavoro, aumentano le denunce

La relazione annuale Inail 2015 ci fornisce qualche numero rilevante sugli infortuni mortali accertati, l’Istituto del presidente Massimo De Felice offre i dati relativi all’anno scorso.

Riportiamo quanto segue: le denunce di infortuni sul lavoro mostrano il segno meno, nel 2015 sono state 637 mila in calo del 4% rispetto all’anno precedente, -22% rispetto al 2011. Tra queste 1.246 hanno riguardato casi di morte: 94 in più rispetto al 2014. Cresce il numero delle malattie professionali: 59 mila, 1.500 in più rispetto all’anno scorso. Ovviamente nel quadro manca il lavoro nero, sono presenti solo le denunce effettuate all’istituto.

Delle 637 mila denunce per infortunio 416 mila (-6,6% rispetto all’anno precedente) sono avvenuti in luogo di lavoro, il 18,8% invece al di fuori dell’azienda, quando i lavoratori si spostano per raggiungerla o per rincasare.

Sul tema “malattie professionali” riscontriamo un aumento del 24 per cento, a partire dal 2011, particolarmente impressionante la crescita delle malattie osteomuscolari, tra mal di schiena e problemi connessi. Essa rappresenta la tipologia più diffusa (63% dei casi), al gradino immediatamente più basso di questo spiacevole podio si piazzano le malattie del sistema nervoso.

Purtroppo non si blocca la crescita delle aziende irregolari: nel 2015 gli ispettori Inail presenti in 20.835 aziende hanno riscontrato irregolarità nell’87,4% dei casi, una percentuale decisamente troppo alta. Tuttavia l’istituto precisa che l’istruttoria si apre su aziende a rischio, ecco spiegato l’altissimo numero delle imputazioni. Sul fronte dei lavoratori i regolarizzati sono 61.333 lavoratori (più del 3% rispetto al 2014), di cui 54.771 irregolari e 6.562 in nero.

Fonte relazione annuale Inail 2015.

DVR e DUVRI senza confusione

DVR (Documento di Valutazione dei Rischi) e DUVRI (Documento Unico di Valutazione dei Rischi Interferenziali) vengono spesso confusi tra loro nonostante indubbie diversità, anche se traggono ispirazione dallo stesso punto di partenza di valutazione dei rischi.

Occorre mettere dei paletti, cercando di fare chiarezza all’interno di habitat lavorativi diversi, con ambiti e destinatari variabili. Il significato dei due documenti è molto diverso, ma andiamo con ordine.

  1. Il DVR (art 28 del D.Lgs 81/08) è un documento che ogni azienda si trova a dover redigere e contestualmente aggiornare. Il testo è sottoposto a revisione triennale, ma è necessario rielaborarlo per ogni eventuale modifica al processo lavorativo. Senza guardare al settore in cui un’azienda opera sono esentate le aziende individuali o a conduzione familiare. Contenere la valutazione di ogni rischio è la base, in aggiunta il documento deve contenere criteri valutativi utilizzati, misure preventive e protettive adottate per ridurre i rischi al di sotto dei valori limite, ed il piano di miglioramento per il futuro. In più i nominativi delle figure di riferimento aziendali, le procedure per le misure da realizzare e la codifica delle mansioni che poi portano a rischi specifici.
  2. Il DUVRI (art 26 comma 3 del D.Lgs 81/08) non si lega all’azienda, ma ad un tipo di attività dove si trovano nello stesso campo a cooperare due o più imprese diverse. Chiaramente entriamo in un’ottica completamente diversa, dove il DUVRI elabora e coordina i soggetti presenti, definendo i rischi della singola attività all’interno del progetto intero. Fondamentale è la valutazione delle interferenze possibili, con i rischi derivanti dall’azione di altri soggetti. La dinamicità del documento segue ogni evoluzione dei lavori, spesso prende spunto dai DVR delle aziende singole, dove si osservano i rischi interferenziali. La redazione del DUVRI non si rende obbligatoria se l’appalto è della durata inferiore a due giorni, o se la fornitura di servizi è “intellettuale” o si assiste ad una consegna di materiali o attrezzature; l’obbligo permane se ci sono rischi cancerogeni, chimici, biologici o da atmosfere esplosive.

Sul versante responsabilità di redazione abbiamo un altro discrimine importante: il DVR ricade sul Datore di lavoro dell’azienda, ed è consultabile solo all’interno della stessa. Il DUVRI rientra nelle responsabilità del Committente dei lavori, colui che raccoglie informazioni e costruisce e condivide il documento finale.

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SSL e “Lavori verdi”: approfondimenti pt.2

Dopo avervi presentato in breve cosa si intende per “lavori verdi”, siamo pronti ad entrare nel mondo della SSL. Può capitare che un lavoro verde, dove si rispetta completamente l’ambiente, ponga alcuni interrogativi pressanti in materia di sicurezza sul lavoro; alcune nuove tecnologie hanno esposto i lavoratori ad un rischio decisamente maggiore rispetto al passato.

I nuovi rischi, connessi a tale modalità di intervento, impongono al legislatore un piano rinnovato di norme per sviluppare una SSL su misura; le conoscenze base devono essere rielaborate e non solo trasferite. Due esempi fanno ulteriore chiarezza sul tema:

  • ridurre i rifiuti trasferiti in discarica ha portato ad una crescita nel tasso di infortuni e malattie tra i lavoratori impegnati nel trattamento dei rifiuti stessi
  • installare un sistema solare per produrre acqua calda, deve unire competenze miste tra idraulici, elettricisti e lavoratori in quota.

Per un mercato in vorticosa crescita, senza alcuna intenzione di fermarsi durante questa espansione, la maggior parte dei lavoratori è per forza di cose inesperta. Senza una adeguata formazione la loro sicurezza e salute sarà compromessa, mettendo in pericolo anche chi gravita intorno alle attività svolte. In un sistema così architettato la competitività trae un enorme vantaggio da una buona SSL, un ambiente sano deve essere messo a disposizione anche di chi ci lavora.

Il compito di tutti è quello di prevenire i nuovi rischi, e anche EU-OSHA sta lavorando in tale direzione con studi dettagliati per proporre analisi in grado di prevedere gli scenari futuri, avendo chiare le sfide che i lavori verdi andranno a proporre nei prossimi anni. Si vuole dare alla forza lavoro ogni strumento per sviluppare nuovi posti di lavoro, senza tralasciare la salute e la sicurezza di chi opera in tali condizioni.

Nei prossimi appuntamenti dell’approfondimento entreremo ancora più nello specifico, per restare aggiornati seguiteci anche sui nostri Social Network: Facebook, Twitter e Linkedin.

“Lavori verdi”: approfondimenti pt.1

Prendendo spunto dalle evoluzioni del mercato abbiamo deciso di proporvi una panoramica sulla sicurezza e la salute dei lavoratori impegnati nei cosiddetti “lavori verdi”. Prima di entrare nello specifico, per quanto riguarda la prevenzione su nuovi rischi connessi, cerchiamo di capire cosa sono i lavori verdi?

Vengono racchiusi in tale gruppo una serie di lavori ed impieghi che si dipanano in più settori, creando un indotto in forte crescita. L’espansione in atto coinvolge una forza lavoro decisamente differenziata, dalla salvaguardia ambientale al ripristino degli habitat stessi. Una definizione unica non esiste, ma il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente fornisce qui un report esaustivo dal quale si possono reperire tutte le informazioni del caso.

Da qualche anno la necessità di preservare l’ambiente ci pone dinnanzi ad un bivio, una strada sempre più stretta: la necessità è di trovare il giusto equilibrio tra crescita economica e riduzione dell’impatto delle varie emissioni. A stretto giro di ruota l’efficienza energetica, con riduzione di rifiuti e promozione di energie rinnovabili.

Un lavoro che si dichiara sostenibile non deve prescindere da condizioni lavorative in primis sicure, e poi dignitose per svolgervi le diverse mansioni. Salvaguardare ecosistemi e biodiversità, consumare meno materie prime e tagliare i livelli di inquinamento sono una serie di obiettivi che vengono posti in primo piano dai “lavori verdi”. Anche il nostro gruppo, seguendo l’esempio di EU-OSHA, sostiene una crescita inclusiva, spingendo forte sui punti programmatici della strategia della Commissione europea.

L’economia verde vedrà aumentare tutti i suoi valori, gli organi di competenza prevedono rispetto ai livelli del 1990 un incremento pari ad oltre 1 milione di nuovi posti di lavoro nell’Unione Europea.

B.Ethic grazie al suo Team di Ingegneri Ambientali offre consulenza e gestione ambientale per migliorare la propria realtà lavorativa. Un serio investimento su tali problematiche è anche un elemento di eccellenza per l’azienda, e oltre che obbligo di legge, si tramuta in prospettiva duratura di crescita e vantaggio economico. Per le tue esigenze in materia non esitare a contattarci: chiamaci allo 0532-243048, oppure manda una mail all’indirizzo info@b-ethic.it.