Microclima e valutazione rischi: che fare?

Microclima e valutazione rischi. Stamane ci siamo alzati con l’umidità all’84% e in una situazione del genere viene facile tornare sul tema “Microclima”; ricordando il nostro approfondimento introduttivo puntiamo nuovamente l’attenzione sul Documento Ispesl, ora Inail – Microclima, aerazione e illuminazione nei luoghi di lavoro. Requisiti e standard. Indicazioni operative e progettuali. Linee Guida
Tra i compiti del datore di lavoro vi è quello di rendere l’ambiente aziendale più vicino al benessere termico, “quando una elevata percentuale di persone poste all’interno dello stesso luogo, soggette ad analoghe condizioni di vestiario ed attività fisica, non è in grado di affermare se preferirebbe una temperatura più alta o più bassa“.
L’azienda e i suoi locali presentano una situazione climatica che deriva da un grande insieme di fattori, strutturali e non, per i quali si possono apportare migliorie decise. Cosa intendiamo? In generale la collocazione dell’edificio (chiaramente da valutare in fase di progettazione), un discreto isolamento termico, la possibilità di schermare l’irraggiamento solare diretto e la presenza di buoni rapporti aeranti. Nel caso tutto ciò non sia sufficiente sarà utile adottare impiantistica più specifica e interventi mirati: controlli del carico termico, adeguato posizionamento delle postazioni fisse, bilanciamento delle portate d’aria e dotazione di regolatori autonomi nei diversi ambienti presenti.
Possiamo andare oltre spostando l’attenzione sul microclima e valutazione rischi connessa, prescritta dal D.Lgs 81/08 agli articoli 180 e 181.
La procedura da seguire è indicativamente questa:
  1. Individuare le aree più a rischio, grazie ad un quadro il più realistico possibile sulle lavorazioni svolte. Per fare ciò è necessario creare un profilo con dati, documentazione e colloqui con i responsabili della sicurezza.
  2. Partire dai principali parametri relativi al microclima, valutando i singoli reparti in base ai fattori sopracitati (isolamento termico, collocazione edificio ecc. ecc.).
  3. Suddividere i lavoratori per gruppi collegandoli ai reparti precedentemente osservati, calcolando per ciascuno l’indice di stress termico.
  4. Redazione vera e propria del documento di valutazione specifica sulle condizioni microclimatiche, proponendo interventi necessari al minimizzare i potenziali rischi connessi.
Rimane valida la buona prassi preventiva e il microclima verrà valutato con riferimento alle norme tecniche (UNI, ISO). Tale processo di prevenzione è la fusione di una corretta progettazione, di una sensata organizzazione del lavoro e, dove prevista, di una seria sorveglianza sanitaria. Nei prossimi approfondimenti legati al microclima parleremo proprio di controllo sanitario sui lavoratori e di DPI per ambienti “termicamente severi”.
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