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Burnout: un particolare tipo di stress lavorativo

Da qualche tempo a questa parte ci stiamo focalizzando sulla definizione dei “nuovi rischi emergenti” in particolar modo legati allo Stress da Lavoro Correlato. Nella serie di approfondimenti non poteva mancare il fenomeno del “Burnout“, un affaticamento lavorativo che porta all’esaurimento emotivo, per un deterioramento continuo di volontà e spirito. Da manuale tale frustrazione colpisce per lo più categorie di professioni dove le relazioni tra utenti ed operatori sono prolungate nel tempo, è a tutti gli effetti un tipo di stress lavorativo.

Burnout (“esaurito” o “bruciato”) appare per la prima volta come termine tecnico nello sport, usato a riguardo di atleti che dopo un exploit positivo non sono riusciti a conseguire altri risultati di pari valore. Solo alla fine degli anni ’70 è entrato nel vocabolario della psicologia, per indicare la spersonalizzazione e la riduzione delle capacità personali al termine di un contatto basato su molteplici richieste, spesso oltre i limiti.

La sofferenza individuale legata al lavoro è in costante aumento in Occidente, disegnando i confini di un vero problema di natura sociale, interessando il singolo o anche un team di lavoro nella sua totalità. Precisamente le specificità riguardanti il burnout sono:

  1. Disimpegno progressivo dal lavoro.
  2. Sentimenti positivi (motivazioni) si trasformano in negativi (ansia).
  3. Frattura tra persona e lavoro, il secondo è una realtà che porta solo problemi.

I risultati di tale stato sono oggettivamente negativi: esaurimento, si supera una linea emotiva e fisica per cui la persona non ha più la forza e l’energia per affrontare le proprie mansioni; freddezza, l’atteggiamento diventa distaccato azzerando il coinvolgimento nel tentativo di proteggersi da eventuali critiche o delusioni; scarsa produttività, tutto viene percepito come insignificante e opprimente e si smarrisce la fiducia nelle proprie capacità.

Il mondo – lavoro forma un contesto che tiene impegnato per molte ore una persona, finisce per modellare le modalità di interazione con gli altri. Ordini contrastanti, eccessiva mole di lavoro, compenso limitato, assenza di gratificazioni e lassismo nei controlli rientrano nello schema delle cause di burnout. Certamente concorrono anche variabili caratteriali, sociali e demografiche, ma qui vogliamo focalizzarci su quelle relative alle organizzazioni lavorative di qualunque tipo. Senza dubbio alle fonti di disagio sopra citate si possono aggiungere:

  • eccessiva responsabilità per un incarico non commisurato alle capacità del lavoratore;
  • orario non adeguato ed assenza di eventuale turnazione;
  • piramide decisionale aleatoria e mutevole senza uno schema fisso;
  • scarse informazioni per determinare il proprio ruolo;
  • mancanza totale di stimoli.

Risolvere la Sindrome da Burnout è possibile solo con una reale azione combinata (individuale, sociale ed anche istituzionale), dove l’organizzazione comprende che deve mantenere produttivo il personale per un lasso di tempo il più lungo possibile.

Tra le miriadi di strategie per aumentare l’armonia chiudiamo l’approfondimento con qualche esempio: condivisione e gestione del carico di lavoro con i componenti del Team, sviluppo del senso di squadra, partecipazione ai processi decisionali, porre obiettivi realistici e formare continuamente.

Vi continueremo a tenere aggiornati sul tema, mentre per ulteriori informazioni in merito di Sicurezza sul Lavoro e Formazione non esitate a contattare il nostro Team di Professionisti. Chiamaci allo 0532-243048, oppure manda una mail all’indirizzo info@b-ethic.it.

Movimenti ripetitivi: approfondimenti

Partiamo subito con il mettere in chiaro che i movimenti ripetitivi ricadono nella categoria dei rischi di prioritaria importanza, ricordando sempre che essi sono considerati una vera e propria malattia professionale.

Una lunghissima serie di attività ha il carattere della ripetitività e gli studi medici hanno dimostrato una correlazione evidente con disturbi muscolo-scheletrici, viste le continue sollecitazioni tramutate poi in traumi ed usura di articolazioni, muscoli e tendini. Il rischio da movimenti ripetitivi riguarda gli arti superiori e andiamo qui di seguito ad indicare quali azioni comportano un danno se compiute senza adottare misure preventive. Mani, gomiti, spalle e polsi utilizzati per un periodo di tempo prolungato nello stesso movimento per: posizionare, tenere, inserire, estrarre, spingere, avvitare, aprire, chiudere, tagliare, pulire o prendere. Si toccano dunque mansioni che vanno dal montaggio all’elettromeccanica, dalla tappezzeria all’abbigliamento per ricadere in edilizia, movimentazione carichi, conduzione mezzi meccanici e tanto altro ancora.

La frequenza è direttamente proporzionale al rischio, all’aumentare di una cresce l’altro. Anche forza e postura giocano un ruolo fondamentale nei disturbi WMSDs (Work Related Muscolo Skeletal Disorders ovvero i disturbi muscolo scheletrici connessi all’attività lavorativa). Il corpo umano naturalmente è soggetto a deterioramento, e compiendo movimenti ripetitivi si crea un “Sovraccarico Biomeccanico” riguardanti ossa, articolazioni, tendini e muscoli.

Per combattere l’insorgere di una malattia professionale è necessario prevenire il problema. Seguendo la legislazione riguardante la Sicurezza e la Salute abbiamo esempi di una corretta prassi, a partire dalla Valutazione dei Rischi derivanti da Movimenti Ripetitivi. Dopo aver raccolto i dati mirati sarà possibile svolgere un piano d’azione tra interventi strutturali, organizzativi, formativi e contestualmente informativi.

In conclusione ai sensi del Titolo VI del D.Lgs. 81/08 vi riportiamo le sanzioni previste in caso di mancata valutazione specifica dei rischi. Per ulteriori informazioni in merito non esitate a contattare il nostro Team di Professionisti specializzati in Ingegneria Ambientale e Sicurezza sul Lavoro. Chiamaci allo 0532-243048, oppure manda una mail all’indirizzo info@b-ethic.it.

Crowdsourcing: bilanciare opportunità e rischi

Crowdsourcing (da crowd, “folla”, e sourcing, “outsourcing”, e cioè esternalizzazione aziendale) è lo sviluppo collettivo, nato dalla passione di volontari, che sfruttando le tecnologie del Web 2.0 ha fin da subito rivoluzionato il mondo del lavoro. Inizialmente sono nate community open source (Wikipedia ad esempio è nata da crowdsourcing volontario), nell’ottica di uno sviluppo di nuove forme lavorative, avviate grazie alla rivoluzione tecnologica e comunicativa partita alla fine degli anni ’70.

Focalizzandosi in ambito economico il crowdsourcing è “l’esternalizzazione di una parte delle proprie attività”, un modello di business dove le aziende o le istituzioni affidano una parte del proprio progetto a un insieme non definito di persone, non organizzate in precedenza per altri lavori. Il tutto è favorito dagli strumenti del web, attraverso dei portali specifici dove i freelance offrono i propri servizi in un mercato pressoché globale.

Come sempre le nuove opportunità sono accompagnate da rischi difficilmente affrontati in precedenza, entriamo in una sorta di territorio inesplorato. Innanzitutto è complesso stabilire, nel mare magnum di forme diverse e poco definite di collaborazione, il numero di piattaforme di crowdsourcing presenti e il numero di utenti registrati. La crescita radicale non è realmente quantificata e stimata. Lavorare al videoterminale porta ad un affaticamento visivo, accompagnato da problemi muscoloscheletrici, se non vengono prese le corrette precauzioni in termini di ergonomia e ambienti di lavoro. La pressione di lavorare senza continuità, magari un giorno per l’altro, priva di una sensazione di sicurezza con difficoltà nella concentrazione e continue distrazioni. Può esserci una carenza di sorveglianza, manca la supervisione adatta e c’è la possibilità di ritrovarsi isolato.

Ci sono situazioni che, mancando le coordinate generali, non possono essere realmente risolte: quali regolamentazioni vanno seguite per tale modalità di lavoro? Che modelli legislativi è necessario seguire? Che assicurazioni esistono per la protezione dei lavoratori? Come avviene la certificazione ed il controllo?

In conclusione si dovrebbe regolare la sharing economy, senza tarparle le ali. Tra opportunità (crescita di competitività, innovazione, creazione di un mercato digitale, flessibilità, accesso di lavoratori sennò discriminati) e rischi (sopracitati) sarà centrale trovare il giusto bilanciamento per garantire Sicurezza e Salute ai lavoratori impegnati nel crowdsourcing.

Age Management: approfondimenti pt.2

L’Age Management è un tema molto interessante e dibattuto di cui abbiamo già parlato in una precedenza occasione. In questo articolo vi abbiamo offerto qualche base teorica e pratica che riguarda la questione, illustrando una visione allargata e comprensiva della vita lavorativa in azienda. L’approccio globale deve valutare tutti i mutamenti organizzativi, cercando di applicare consapevolmente al variare dell’età un diverso trattamento.

Ora illustriamo delle buone pratiche da mettere in campo per un intervento completo di “invecchiamento attivo”.

  1. Clima generale di partecipazione: il clima interno, tra relazioni e motivazioni, è decisivo per una riorganizzazione consapevole delle condizioni individuali. Si utilizzeranno progetti di medio e lungo periodo, personalizzando l’intervento. I casi di studio spesso raccontano una grande disponibilità a seguire tali cambiamenti.
  2. Flessibilità interna: ridurre la fatica al crescere dell’età rientra in questo campo, puntando forte sulla flessibilità interna per cercare un superamento attivo delle rigidità contrattuali su orario e mansioni di lavoro, facilitando la vita in azienda delle persone più anziane.
  3. Formazione continua: tassello immancabile durante tutto il percorso del lavoratore, favorendo la sua crescita a 360°.
  4. Pianificazione del percorso di fuoriuscita: l’innalzamento dell’età pensionabile richiede scelte flessibili, in un periodo di qualche anno in cui proporre la riduzione del monte ore di lavoro. Avvicinarsi gradualmente alla pensione è la scelta migliore, in tutti i sensi.
  5. Politiche retributive: premi di produzione, incentivi e benefit aziendali dovrebbero andare di pari passo con le diverse qualità del lavoratore, età su tutto. Uno stipendio ben costruito va legato alla persona per stimolare il contributo di ciascuno secondo le potenzialità che il singolo è in grado di esprimere.

Age Management presente come corso specifico in scuole come la LUISS Business School sta a dimostrare quanto anche in Italia sia importante informarsi a tal riguardo.

L’importanza di una buona consulenza è indubbia, così come la centralità della Formazione. Per tali motivi non esitare a contattarci allo 0532-243048, oppure via mail all’indirizzo info@b-ethic.it.